Sono in forse se prendere la seconda mano di terzaruoli alla randa o ammainarla del tutto, considerato che è una vela ormai stanca
Prendo la seconda decisione: il vento ha toccato i 40 nodi. Randa al centro, pronti per ammainare! Troppo tardi. Una raffica un pò più forte ed ecco la povera vela aperta in due, a metà, dall'albero alla relinga di caduta, lungo un intero ferzo. E' solo scucita. L'ammainiamo di corsa e rimaniamo tutta la notte sotto la trinchetta e la mezzana, mentre infuria la burrasca e i piovaschi si susseguono violentissimi. Al mattino tutto è passato. Il vento è ruotato a tramontana, il barometro risale, si intravede il sole.
Alziamo il genoa e andiamo di bolina a sei nodi con la barca in perfetto equilibrio sotto genoa e mezzana, verso le Bermude distanti 110 miglia.
6 Giugno
Certo è una pena vedere andare a 3-4 nodi la barca, quando, con la randa, potrebbe fame 7-8 con questo venticiello. La rottura della randa è un bel pasticcio, e c'è da ringraziare la buona sorte che sia capitata a così breve distanza dall'arrivo. E' una vela insostituibile, la cui mancanza dimezza la velocità. La rottura di un fiocco o di uno spinnaker non è cosa gravissima, perché ce ne sono sempre altri, più piccoli o più grandi. Ma di randa ce n'è una sola. Quella di cappa non è nemmeno da prendere in considerazione, essendo un fazzoletto che solo con 50 nodi di vento può servire a qualcosa.
Dovrò stare molto attento durante la prossima traversata, la quale non sarà certo così tranquilla come questa.
La sera finalmente avvistiamo i fari belle Bermude. Radiotelefoniamo all'autorità portuale che entreremo domattina alle otto, e telefoniamo pure a Roma, che ci sente a stento questa volta.
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